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Stagionali e TFR: meglio fare due conti

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TFR e stagionali: come valorizzare questo tesoretto

Nel nostro Paese, di stagionali, non ce ne sono di certo pochi. Anzi. Federalberghi parla di circa 400 mila stagionali nel mondo del turismo, accompagnati da circa 1 milione di stagionali nel settore dell’agricoltura. A questi si sommano gli stagionali dello spettacolo, quelli della logistica, quelli delle fiere e via dicendo. E i lavoratori “a tempo”, si sa, sono quelli che molto spesso sono più a rischio degli altri quanto a stabilità: basti pensare a quale annus horribilis è stato il 2020 per i lavoratori stagionali del turismo. Ma non è tutto qui: si pensi anche a tutta la fatica che hanno fatto le imprese del turismo per trovare degli stagionali per la stagione del 2021, lamentandosi a lungo per il fatto di non trovare camerieri, baristi, cuochi e via dicendo. E certo, le aziende hanno puntato il dito contro il reddito di cittadinanza: guardando all’importo medio mensile di questo aiuto – che è di 582 euro – sembra però difficile che le cose siano davvero così. Da mettere sotto accusa sarebbero piuttosto altri elementi, come il nero, la precarietà, gli stipendi bassi e via dicendo. E questo dimostra ancora una volta la cosa: il lavoro stagionale non è facile da affrontare e da gestire, men che meno sul lungo termine, anno dopo anno.

E se è vero che l’esercito silenzioso dei lavoratori stagionali rientra tra le categorie più esposte ai contraccolpi delle crisi economiche (e non solo) è doppiamente vero che proprio queste persone dovrebbero porre una particolare attenzione alla gestione del reddito da lavoro dipendente, e in particolar modo alla gestione del TFR.

Cosa è – e cosa non è – il TFR per gli stagionali

Perché ci tengo a sottolineare questo punto? Perché ho deciso di scrivere questo post dedicato a TFR e stagionali? Perché mi trovo sempre più spesso a parlare con dei lavoratori stagionali che, di anno in anno, si vedono liquidare il TFR accumulato nell’ultima busta paga della stagione, la quale, così gonfiata, raggiunge spesso un valore doppio. E non si contano i lavoratori stagionali che utilizzano questa “maggiorazione” per levarsi qualche sfizio, e quindi per comprare una giacca firmata per l’inverno, oppure, nel caso di stagionali invernali, per pagarsi un pezzo di vacanza in qualche paradiso tropicale. Fin qui, a una visione superficiale, non c’è nulla di male. Basterebbe però fare due conti per capire che questo meccanismo è tutt’altro che conveniente.

pensioni stagionali TFRIl problema è che il TFR che si trova nell’ultima busta paga non è affatto una “maggiorazione” dello stipendio. Nient’affatto: è un reddito a parte, che non a caso il 60% degli italiani utilizza ai fini pensionistici, e quindi per assicurarsi un futuro più roseo. E – conti alla mano – quella dell’utilizzare il TFR a fini pensionistici dovrebbe essere un’opzione da tenere ben in considerazione anche e soprattutto per i lavoratori stagionali, i quali, purtroppo, nella maggior parte dei casi, non possono contare su una situazione INPS particolarmente incoraggiante – e a dimostrarlo ci ha pensato, non molto tempo fa, la famosa busta arancione inviata a destra e a manca dall’Istituto nazionale della previdenza sociale.

In parole povere, utilizzare immediatamente il TFR versato con l’ultima busta paga, in ogni nuova stagione lavorativa, equivale a negarsi una parte consistente della previdenza futura. Ma non è tutto qui: bisogna anche sottolineare il fatto che il TFR versato in busta, per via del trattamento fiscale tutt’altro che favorevole al quale viene sottoposto, subisce un taglio drastico che, se versato in un fondo pensione, non subirebbe affatto. Matematicamente parlando, quindi, il versamento del TFR in busta paga è già di per sé un errore (non è certo un caso se, durante la sperimentazione fatta tra 2015 e 2018, solamente l’1,3% degli italiani aveva optato per il versamento del TFR in busta).

I vantaggi di versare il TFR in un fondo pensione

Per valorizzare al meglio il TFR, lo stagionale dovrebbe quindi versarlo in un fondo pensione: in tal modo questa importante cifra potrebbe andare a incrementare mese dopo mese il proprio tesoretto previdenziale, potendo godere di un trattamento fiscale assolutamente migliore, senza quindi “sprecare” migliaia di euro con delle tassazioni maggiorate. Dei vantaggi di versare il TFR in un fondo pensione, del resto, abbiamo già parlato. In questa sede basti sottolineare una cosa: la classica pensione dell’INPS non sempre è sufficiente per garantire un reale benessere economico al momento del pensionamento, e anzi spesso gli assegni sono ben al di sotto della soglia di povertà. Il rischio, in  tal senso, è particolarmente alto per chi non può vantare una continuità lavorativa nel corso degli anni.

Quello che mi interessa sottolineare è che l’ultima busta paga della stagione, quella che contiene nella maggior parte dei casi il TFR maturato durante i mesi precedenti, non è affatto uno stipendio maggiorato, non è una manna caduta dal cielo: quella somma in più contenuta in busta paga è costituita da soldi del lavoratore i quali, in quanto versati con lo stipendio, vengono brutalmente tassati. 

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