Il pensionamento dei Millennials
Quale sarà l’età per la pensione per chi è nato negli anni Ottanta? Difficile capire quale sarà il sistema pensionistico per i Millennials, a partire da quei lavoratori che oggi hanno 35-40 anni e che, di fronte a sé, hanno ancora tanti – se non addirittura tantissimi – anni di lavoro. Ed è ancora più difficile capirlo oggi, adesso che il tema delle pensioni è ogni giorno in prima pagina, di volta in volta con ipotesi di modifiche diverse. Proprio in questi giorni a tenere banco è l’opzione che Draghi vorrebbe proporre ai sindacati dell’uscita del lavoro anticipata per tutti, con un assegno definito dal sistema contributivo. Dopo Quota 102, insomma, si cerca di estendere le uscite flessibili dal lavoro a tutti, senza però mettere in crisi i conti INPS: ecco allora che si pensa a una sorta di Opzione Donna estesa a tutti i dipendenti. Per comprendere di cosa si sta parlando, è bene ricordare che l’Opzione Donna è quel modello che ha permesso a tantissime donne, negli ultimi anni, di andare in pensione a 58 o a 59 anni, con 35 anni di contributi, a fronte di un taglio del 33% dell’assegno pensionistico. Questo è quello che si dice oggi, ma domani che cosa si dirà? Quali saranno le modifiche della legge Fornero che verranno effettivamente applicate? E ancora, quale sarà il sistema pensionistico tra 10, tra 20 o tra 30 anni, quando effettivamente i Millennials si avvicineranno a una pericolosamente mobile età pensionabile?
Cerchiamo di individuare dei punti fermi per capire quando e come sarà la pensione per chi è nato negli anni Ottanta, provando ad andare oltre la discussione politica di questi mesi.
- Come sarà la pensione per chi è nato negli anni Ottanta?
- Quanto influirà la disoccupazione giovanile sulle pensioni dei Millennials?/a>
- I Millennials devono crearsi la pensione da soli
Come sarà la pensione per chi è nato negli anni Ottanta?
Bisogna partire da un concetto di base. Se per un cinquantenne è possibile affidarsi a un commercialista, a un consulente o a un patronato per calcolare quello che sarà l’ipotetico importo del proprio assegno pensionistico futuro, per i più giovani effettuare un calcolo di questo tipo è ad oggi impossibile. Non si conoscono né i tempi né le condizioni che ci saranno quando i Millennials saranno sul punto dal ritirarsi dalla vita lavorativa. E se è quello delle pensioni è un enorme problema italiano, sia per i conti in rosso, sia per le baby-pensioni del passato e sia per l’invecchiamento demografico, è anche vero che il problema della non prevedibilità della pensione dei più giovani è diffuso ovunque: nessun Paese può sapere già oggi quale sarà il proprio sistema pensionistico nel 2040, nel 2050 e nel 2060. Ma questo non vuol dire che si possa stare con le mani in mano, o peggio ancora con le dita incrociate. Ci sono diversi Paesi, in Europa ma anche altrove, in cui la previdenza integrativa è prevista automaticamente nel momento in cui un giovane inizia per la prima volta a lavorare.
Questa è una considerazione generale. Si sa che non è possibile sapere come e quando saranno le pensioni di chi oggi ha 20, 30 o 40 anni. Si sa però che la situazione, matematicamente parlando, sarà probabilmente più difficile di quella che conosciamo oggi, perché l’età media sarà più avanzata, e perché ci saranno molte più persone in pensione, mettendo in difficoltà le casse INPS.
Nel caso dei giovani nati negli anni Ottanta, però, c’è un ulteriore fattore negativo che va tenuto in considerazione.
Quanto influirà la disoccupazione giovanile sulle pensioni dei Millennials?
La disoccupazione giovanile è un fenomeno che crea una moltitudine di problemi diretti e indiretti. Nella scheda dedicata all’Italia delle Prospettive occupazionali dell’Ocse, pubblicata pochi mesi fa, si legge che «il tasso di disoccupazione giovanile è salito ulteriormente da un livello già molto alto di 28,7%, raggiungendo il 33,8% nel gennaio 2021». Il problema è che i Millennials, ovvero quelle persone che hanno iniziato ad avvicinarsi al mondo del lavoro a partire dagli anni della crisi finanziaria, hanno avuto fin da subito problemi enormi con la disoccupazione. E questo sì, influirà parecchio anche sulla loro pensione. Lo aveva anticipato già nel 2016 il presidente dell’Inps, Tito Boeri, affermando che chi è nato negli anni Ottanta rischia di andare in pensione con i requisiti minimi ben oltre i 70 anni, magari a 72, a 73, o persino a 75 anni. Questo a fronte dei baby pensionati che si sono ritirati dal mondo del lavoro a 40 anni, o di quei dipendenti che oggi riescono a ritirarsi a 60 anni.
La stima di Boeri non era campata per aria. Era il frutto di uno studio fatto appositamente sulla classe del 1980, dal quale è emerso che per il lavora tipo esiste «una discontinuità contributiva, legata probabilmente a episodi di disoccupazione, di circa due anni». E i vuoti contributivi hanno un peso immenso, facendo potenzialmente slittare la pensione fino per l’appunto a 75 anni.
Il vuoto contributivo pesa sul raggiungimento della pensione, che a seconda della sua lunghezza, può slittare quindi fino a 75 anni. Citando questi numeri Boeri aveva spiegato «non voglio terrorizzare ma solo rendere consapevoli dell’importanza della continuità contributiva» per poi sottolineare che «l’uscita flessibile è un tema che va affrontato non fra cinque anni ma, credo, adesso». E come sappiamo questo tema tiene banco ancora oggi.
I Millennials devono crearsi la pensione da soli
Lo abbiamo già detto altrove: in Italia il 61% degli assegni pensionistici è inferiore ai 750 euro. Sappiamo che in futuro l’età pensionabile molto probabilmente sarà via via aumentata, fino ad arrivare alle stime infauste di Boeri. E sappiamo che gli assegni pensionistici sono andati via via assottigliandosi, e che quindi le stime per il futuro non possono essere ottimiste nemmeno da quel punto di vista.
Diventa dunque importante prendere in mano la situazione, e approfittare dei vantaggi – e degli incentivi statali – della previdenza integrativa. Aprire un fondo pensione vuol dire infatti assicurarsi un tesoretto per la propria pensione, per poter integrare la pensione INPS, per poter prendere in considerazione un pensionamento anticipato senza vivere con stipendi da fame, per sfruttare i vantaggi fiscali creati ad hoc per i fondi aperti, e via dicendo.
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