La destinazione del TFR: come fare la scelta giusta
Nel momento in cui si viene assunti, all’inizio del rapporto del lavoro, ci si trova a dover compilare una discreta quantità di moduli. Più nello specifico, un nuovo dipendente è chiamato a firmare la lettera di assunzione, nonché a compilare dei documenti relativi alle gestione del futuro rapporto di lavoro. Tra questi vi è anche il Modulo TFR2, un documento sul quale vale sicuramente la pena concentrare la propria attenzione, per non fare delle scelte errate che potrebbero avere conseguenze importanti sul proprio futuro. Come suggerisce il nome, infatti, il modulo riguarda la gestione del Trattamento di fine rapporto, ovvero quella somma che, più o meno impropriamente, viene chiamata anche liquidazione di fine lavoro o buonuscita. Il problema è che molto spesso il nuovo assunto, tra tutti i documenti da compilare e tutte le novità rappresentate dalla nuova occupazione, dedica poca o nessuna attenzione al Modulo TFR2, lasciandosi quindi scappare l’opportunità di far fruttare in modo concreto questo prezioso accantonamento. Vediamo quindi cosa è il modulo TFR2 e quali sono le opzioni per la sua compilazione.
- Cosa è il Modulo TFR2
- Cosa è cambiato nel Modulo scelta destinazione TFR2 dal 2018
- La scelta per la destinazione del TFR
- Perché il tacito assenso può essere una decisione sbagliata
Cosa è il Modulo TFR2
Il Modulo TFR2 viene presentato a tutti i lavoratori neo assunti fin dal 2006. Va però detto che questo documento ha subito delle modifiche importanti con il decreto 22/03/2018, così da rimescolare almeno in parte le carte. Nel concreto, il Modulo TFR2 è il documento attraverso il quale il dipendente comunica all’azienda la modalità attraverso la quale dovrà essere gestito e percepito il TFR. La scelta è quindi quella di:
- Percepire il TFR maturato di mese in mese al termine del rapporto lavorativo
- Versare totalmente o parzialmente il TFR che matura di mese in mese in un fondo di previdenza complementare
Va sottolineato che il dipendente che già in passato, in una precedente occupazione, ha scelto di destinare il proprio TFR in un fondo pensione, dovrà comunque ribadire la scelta al nuovo datore di lavoro.
Come ci si accorge non appena preso il mano il Modulo TFR2 presentato dal datore di lavoro o dall’Ufficio HR, esistono due sezioni all’interno di questo documento. La prima, ovvero la Sezione 1, deve essere compilata da tutti i lavoratori che alla data 28 aprile 1993 non avevamo maturato nessun contributo presso l’INPS e nessun altra forma di previdenza obbligatoria; la Sezione 2 deve invece essere compilata da chi, prima di tale data, aveva già indossato le vesti di dipendente, versando dei contributi pensionistici.
Cosa è cambiato nel Modulo scelta destinazione TFR2 dal 2018
Il cambiamento principale introdotto nel 2018 in tema Modulo TFR2 è la possibilità, nella sezione 1 del modulo, di destinare anche una sola parte del proprio TFR mensile al fondo pensionistico.
La scelta per la destinazione del TFR
Cerchiamo quindi di capire cosa può scegliere il lavoratore quanto alla destinazione del proprio Trattamento di Fine Rapporto al momento della compilazione del Modulo TFR2. Come abbiamo visto, è possibile scegliere che il trattamento di fine rapporto venga destinato in modo integrale o parziale al proprio fondo pensione; in caso di versamento parziale del TFR maturando nella forma pensionistica complementare, la parte rimanente verrà versata secondo quanto stabilito dall‘articolo 2120 del Codice Civile. Oppure è possibile scegliere di lasciare il TFR presso l’azienda, non andando quindi ad aderire a nessuna forma di previdenza complementare. Va detto che la compilazione del Modulo TFR2 non è obbligatoria: in caso di mancata scelta da parte del lavoratore, seguendo il meccanismo di silenzio-assenso, gli scenari possibili sono due. Nel caso di un fondo pensione previsto dal contratto collettivo di lavoro, il TFR confluirà direttamente in quel fondo (nel caso di più fondi presenti sarà dirottato verso il fondo che conta un maggior numero di dipendenti); nel caso contrario, il TFR verrà destinato direttamente all’azienda. Quest’ultima scelta (o non scelta), va sottolineato, è reversibile.
Perché il tacito assenso può essere una decisione sbagliata
Si è visto quindi quali sono le possibili opzioni. Il fatto che siano presenti diverse strade percorribili non significa però che i risultati siano similari: al contrario, guardando al quadro normativo e fiscale la scelta del tacito assenso può senz’altro rivelarsi sbagliata. Il TFR potrebbe essere versato di mese in mese in un fondo di categoria, e quindi in un fondo che non prevede una vera e propria governance, con i propri risparmi che rischiano di essere abbandonati a sé stessi. O, ipotesi ancora peggiore, il TFR potrebbe finire nel fondo di tesoreria dell’INPS, il quale oggi si mostra come un fondo gestito in modo manchevole o persino drammatico. A rendere questa seconda condizione doppiamente peggiore è il fatto che, se i nei fondi pensione aperti o nei fondi di categoria i propri risparmi possono essere trasferiti senza problemi, nel caso dei fondi INPS la trasportabilità è esclusa, per via di una legge ad hoc che va a proteggere l’Istituto nazionale della previdenza sociale, con perenni problemi di liquidità.
Ho già spiegato altrove quali sono i grandi vantaggi del destinare il TFR in un fondo pensione, per via del regime fiscale agevolato, della deducibilità dei versamenti, della trasportabilità e del pieno controllo garantito. Vuoi il mio aiuto per compilare correttamente il modulo TFR2 prima di consegnarlo al datore di lavoro, per avere la certezza di fare la scelta giusta per i tuoi risparmi? Contattami: ti potrò aiutare anche a distanza, e basteranno pochi minuti di assistenza per mettere al sicuro il tuo TFR!