L’inflazione è tornata dopo 15 anni di letargo
Inflazione, inflazione, inflazione. Lo sappiamo tutti: dopo anni di sonnolenza, dopo anni di lontananza dalle prima pagine dei quotidiani, il tema dell’inflazione è tornato al centro della scena. L’incremento era già iniziato a fine 2021, con l’aumento del costo della vita che in Italia a fine dicembre aveva raggiunto il +3,7% (con punte del 6,8% negli Stati Uniti e del 4,9% in Europa). Ma quello era solo un anticipo: è con i primi mesi del 2022 che l’inflazione è effettivamente esplosa, a causa della sanguinaria invasione che la Russia ha fatto e sta facendo ai danni dell’Ucraina. A fine marzo in Italia si poteva già contare un aumento del 6,7%, mai così alto fin dal 1991. E ancora, non è tutto qui: proprio in questi giorni, nel suo bollettino economico, la Banca d’Italia ha spiegato che nello scenario peggiore l’inflazione del 2022 potrebbe arrivare all’8%. Nello scenario intermedio, invece, si parlerebbe del 5,6%. Le conseguenze sui risparmi possono essere enormi: secondo le stime di Confindustria, basterebbe un 2022 con l’inflazione al 3,5% per poter cancellare 70 miliardi di euro tra i conti correnti di famiglie e imprese. E sono proprio queste ultime a dover prestare particolare attenzione al tema dell’inflazione, soprattutto quelle che ancora oggi gestiscono internamente il TFR: la minaccia, tutt’altro che velata o remota, è quella che arriva dalla rivalutazione del TFR, che può portare a salassi importanti per le imprese meno attente. Vediamo come e perché.
- La rivalutazione del TFR
- Il coefficiente per il calcolo della rivalutazione del Trattamento di Fine Rapporto
- Esternalizzare il TFR su un fondo pensione
La rivalutazione del TFR
Per capire come l’inflazione possa portare a grosse perdite per le imprese attraverso la rivalutazione del TFR, vediamo come funziona questo processo. Bisogna quindi sapere che ogni anno, alle quote accantonate dei TFR dei dipendenti, va applicato un tasso di rivalutazione, calcolato in base ad un coefficiente che cambia di anno in anno. A disciplinare nel dettaglio la rivalutazione del TFR è l’articolo 2120 del Codice Civile, così come modificato con un’apposita riforma del 1982: è infatti fin dagli anni Ottanta che esiste questo meccanismo. Il quale però, come vedremo tra poco, può risultare molto pericoloso in caso di inflazione.
Per effetto della legge, a ogni 31 dicembre, il TFR viene incrementato su base composita, applicando un tasso costituito dall’1,5% su base fissa e dal 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie. E sì, è ovviamente qui che entra in gioco l’inflazione, visto che questo aumento viene calcolato rispetto al dicembre dell’anno precedente. Tralasciamo i dettagli di quello che avviene nelle rivalutazioni per frazioni di anno: quello che ci interessa è spiegare come viene effettivamente calcolata la rivalutazione del TFR.
Il coefficiente per il calcolo della rivalutazione del Trattamento di Fine Rapporto
Per avere il coefficiente esatto per la rivalutazione del TFR, viene quindi calcolato il 75% della differenza di percentuale tra il dicembre precedente e il dicembre in cui si effettua la nuova rivalutazione. A queste percentuale relativa al tasso di inflazione, viene aggiunto un fisso su base annua dell’1,5%. Ovviamente, in uno scenario senza inflazione, a pesare è solamente il secondo fattore. Ma cosa succede quando si ha dell’inflazione? Ipotizziamo che ci sia un’inflazione al 2%. Il 75% di questo tasso è pari all’1,5%, che sommato all’1,5% fisso annuo dà un coefficiente di rivalutazione finale del 3%.
Come l’inflazione può danneggiare le imprese che gestiscono internamente il TFR
Come si è visto, calcolare il coefficiente in base al quale viene rivalutato di anno in anno il TFR dei dipendenti non è per nulla complicato. Proprio per questo motivo spaventa il fatto che molte aziende non stiano cogliendo il problema che nasce per chi gestisce all’interno il TFR dei proprio dipendenti, senza andare quindi a esternalizzare la gestione del TFR su fondi pensione aperti.
Lo scenario classico è infatti quello dell’azienda che, di mese in mese, trattiene il TFR dei dipendenti dalle buste paghe, andando ad accumularlo nel tempo. Già di per sé questa pratica presenta parecchi svantaggi: si pensi per esempio al fatto di avere questa importante e crescente voce di capitale a bilancio, tutt’altro che positiva, essendo di fatto una rappresentazione di un debito (con tutti i problemi che questa voce può causare nel momento in cui l’azienda si interfaccia con l’esterno, per esempio con una banca per la richiesta di un finanziamento). Per le aziende con 5, 10 o più dipendenti questo accumulo di capitale può effettivamente diventare enorme, ritrovandosi ad avere di fatto con centinaia di migliaia di euro di debito nei confronti dei propri dipendenti.
Ma il problema vero e proprio, come abbiamo visto sopra, è che questo accumulo non resta uguale nel tempo. No, è proprio quella mole di TFR accumulati che deve essere rivalutata di anno in anno, a partire dal più importante dei parametri presi in considerazione, ovvero per l’appunto l’inflazione. Pensiamo quindi cosa vuol dire, per un’azienda che gestisce internamente il TFR dei propri dipendenti, ritrovarsi a dover sborsare di tasca propria – perché è esattamente questo che prevede la legge – la rivalutazione di un TFR con quote pari a 5 o 6 punti percentuali. In questo 2022 questo calcolo non può essere trascurato, tanto più che l’inflazione non si smorzerà a breve, e andrà a influenzare l’economia del nostro paese anche in futuro.
Esternalizzare il TFR su un fondo pensione
Purtroppo molto spesso le azienda non si curano affatto della rivalutazione del TFR, lasciando che sia il commercialista a curare questo aspetto. E, in una situazione normale, il danno potrebbe essere tutto sommato contenuto. Tutt’altro potrebbe succedere in un anno come questo, funestato com’è dall’inflazione e dall’esplosione dei prezzi. L’unico modo per mettersi in salvo è quello di esternalizzare il TFR, andando a stimolare i dipendenti verso il versamento del TFR in appositi fondi pensione, anche stringendo un accordo quadro con una compagnia di assicurazione, sapendo peraltro che il versamento del Trattamento di Fine Rapporto in un fondo pensione garantisce grandi vantaggi prima di tutto proprio per i lavoratori, a livello fiscale e retributivo.
E se anche per le aziende l’esternalizzazione del TFR è già di per sé un toccasana, lo ancora di più ora, oggi che trattenere internamente i TFR può trasformarsi in un vero salasso, in una spesa che nessuno vorrebbe dover affrontare. Contattami: appoggiati a un professionista esperto e consapevole per ottimizzare la gestione del TFR in modo sicuro e conveniente, è possibile contrattualizzare un accordo plurisoggettivo dando vantaggi all’azienda e al dipendente!